Negli ultimi decenni l’avvento delle tecnologie digitali e della possibilità di comunicare a distanza ha cambiato il nostro concetto di socialità, soprattutto nelle nuove generazioni. Si è persino giunti a introdurre delle nuove patologie psichiatriche; un esempio è la sindrome Hikikomori, che si manifesta attraverso ritiro sociale, l’auto-esclusione fisica dal mondo esterno, l’isolamento e il rifiuto totale per ogni forma di relazione, se non quella virtuale.
Tuttavia, per quanto le tecnologie abbiano modificato il concetto di socialità, il bisogno di incontrarsi, vedersi e comunicare è ancora evidente.
Secondo una ricerca, i nostri bisogni sociali, di comunanza e di scambio con gli altri essere umani attivano nel nostro cervello le stesse aree stimolate dalla fame. Per cui, come il cibo, anche la socialità è un bisogno primario per l’essere umano.
Ma cosa è successo nel modo di relazionarsi con l’Altro con l’avvento della pandemia?
Si è passati in un attimo, da ciò che è considerata una sindrome adolescenziale allarmante, ad una situazione, seppur limitata ad un determinato periodo, in cui il ritiro sociale è diventato una necessità che è entrata a far parte della quotidianità non solo dei giovani.
Convivervi ha colpito l’individuo nella sua essenza, nel suo bisogno di aggregarsi con gli altri, di scandire la propria esistenza alla luce di occasioni di incontro e momenti di contatto. La vita quotidiana ha subito profondi cambiamenti in ogni ambito (lavoro, scuola, tempo libero, vita associativa, famiglia, cultura), sconvolgendo un universo di rapporti più o meno stabili, basati su una routine di frequentazioni fisse, programmate, attese ed essenziali. Molti hanno dovuto inventare una nuova quotidianità in uno spazio limitato, insieme a persone con cui avevano una relazione che era basata anche sui tempi dell’assenza.
La maggior parte dei contatti sono stati trasferiti nella rete. Lo spazio virtuale è cresciuto, ha cominciato a occupare quasi ogni aspetto della vita, ha assunto più valore (chat, videochiamate, videoconferenze, la DAD, le lezioni di yoga, gli aperitivi con gli amici). È cambiato il ritmo ed è cambiato anche il modo in cui si vive lo spazio virtuale, che è diventato uno spazio normale. Questa situazione ha evidenziato ed accelerato un fenomeno già in essere, ossia la continuità, l’ibridazione tra vita online e vita offline, una vita cioè che comprende rapporti con presenza fisica come anche scambi in digitale. In tal modo è possibile sperimentare il vivere lontani, ma mantenersi vicini a livello emotivo.
Anche il mondo degli “incontri” ha dovuto subire delle modifiche e per conoscere qualcuno è stato necessario entrare nel mondo virtuale. Infatti l’isolamento e le limitazioni sulle uscite, hanno portato molte persone a riflettere e a capire meglio cosa volessero realmente da una relazione e proprio per questo, dall’inizio della pandemia, tutte le maggiori applicazioni di incontri hanno registrato un aumento degli accessi. Si è evidenziato che la volontà di un maggiore impegno sarebbe evidente già dai primi approcci che vengono inevitabilmente influenzati dalle limitazioni di orario e spostamento, dalla necessità di evitare posti troppo affollati e dal timore del contatto fisico con sconosciuti. È diminuito il fenomeno del ghosting (la pratica di interrompere comunicazioni e contatti all’improvviso dopo i primi scambi) e si è visto che le persone sono più selettive.
A causa del rischio percepito dato dal Coronavirus, le persone vogliono essere certe che valga la pena esporsi prima di incontrare qualcuno di sconosciuto. La distanza sociale, lo scambio lento e la creazione di un rapporto mentale prima di quello fisico potrebbero essere le premesse per legami duraturi. Allungandosi la fase iniziale di conoscenza, emergono diversi vantaggi sul lungo termine rispetto a una società in cui si tendono a bruciare le tappe e si concludono le frequentazioni prima ancora di essersi conosciuti davvero.
Dopo più di un anno di pandemia, si sta creando una nuova normalità, in cui insieme alla diffidenza di incontrarsi, prevale la qualità dei rapporti. Infatti, si scelgono persone per cui vale la pena davvero rischiare; sono quegli affetti più profondi, a volte i familiari, qualche amico o collega. Durante il lockdown si parlava dei “congiunti”, che è stata una definizione celebre per la sua vaghezza e che proprio per questo, forse, ha fotografato bene la varietà dei rapporti contemporanei.
A cura di Vanessa Crotti
BIBLIOGRAFIA:
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- Silvia De Napoli, La solitudine, fonte di benessere ma di altrettanta patologia, State of Mind, 28 agosto 2019
- https://www.fatebenefratelli.it/blog/coronavirus-traumi-psicologici-legami-sociali-isolamento-disturbi-lungo-termine
- https://www.ipsico.it/news/conseguenze-psicologiche-del-coronavirus/
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- https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/neuroscienze/socialita-le-altre-persone-sono-per-noi-necessarie-come-il-pane
- https://www.istitutogabrieledannunzio.it/nuovi-scenari-di-socialita-tra-gli-adolescenti-ai-tempi-del-coronavirus
AMORE MASCHERATO – LE RELAZIONI DURANTE LA PANDEMIA
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